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Mennea, l´uomo che ci ha emozionati

22-03-2013 09:01 - News Generiche
A guardare il suo fisico e a paragonarlo con le montagne di muscoli degli attuali velocisti viene da chiedersi come abbia fatto a correre su quei tempi.
Ma Pietro Mennea, scomparso improvvisamente ieri all´età di 61 anni, rimane ancora oggi l´uomo bianco più veloce del mondo, perché quel fantastico 19"72 sui 200m realizzato nel 1979 a Città del Messico, rimane tuttora un tempo imbattuto da qualunque altro atleta non nero; ed è ancora record europeo e record italiano.
Ci vollero ben 17 anni, e un talento come Michael Johnson, perché il suo record mondiale venisse superato, prima dell´epopea targata Usain Bolt. Ma la forza di Mennea non stava certo nella prestanza fisica, quanto nella sua straordinaria reattività, elasticità, potenza e, soprattutto, nella sua incredibile tenacia e determinazione.
La sintesi di queste sue doti, in grado di prevalere sulla maggiore imponenza fisica degli avversari, è sintetizzata perfettamente nella gara più emozionante che abbia mai corso e che gli ha regalato la medaglia sicuramente più pregiata: la finale dei 200 metri alle Olimpiadi di Mosca 1980. "La freccia del sud" parte nella corsia peggiore, l´ottava; la più esterna, quella che non ti consente di vedere gli avversari e di prendere punti di riferimento. Ed è probabilmente per questo motivo che quando Mennea finisce la curva e si porta all´ingresso del rettilineo si ritrova in quinta posizione, con il possente scozzese Wells che lo precede di oltre 5 metri; ma a quel punto lancia una micidiale progressione che ricorda quella ancor più fantastica di Tommy Smith sui 100m a Città del Messico 1968; in poco meno di 60 metri tallona Wells, lo affianca, lo supera, accompagnato dall´indimenticabile commento di Paolo Rosi, quel "recupera, recupera, recupera e vince!" che sembra scandire le sue ultime falcate; rapidissime, potenti, in spinta, quasi mulinate mentre quelle del più massiccio Wells si irrigidiscono e la sua testa che balla quando Mennea lo affianca, quasi a cercare disperatamente movimenti muscolari in altre parti meno imballate del corpo per evitare il sorpasso, simboleggia la sua inevitabile resa di fronte al campione azzurro. Un campione di grande dignità e compostezza, come era nel suo stile in pista e fuori; le medesime doti con cui ci ha lasciati.
Dire che ci mancherà è fin troppo retorico, ma è la verità. Perché per gli amanti dell´atletica Mennea ha rappresentato il simbolo più grande di un´atletica italiana vincente, ammirata in tutto il mondo, un orgoglio di cui fregiarsi anche al cospetto dei campioni americani di oggi, perché nessun velocista ha mai corso su certi livelli così a lungo: cinque Olimpiadi, da Montreal 72 a Seul 1988, in una disciplina che logora rapidamente fibre, testa e muscoli. Ma non i suoi. I migliori velocisti azzurri di oggi, a distanza di 30 anni e con tecniche di allenamento notevolmente migliorate, oltre che con materiali da corsa più sofisticati e veloci, sono lontani anni luce dai tempi di Mennea. L´ultima migliore prestazione italiana sui 200m è un 20"2 di Andrew Howe al Golden Gala del 2011; mezzo secondo in più del campione di Barletta, tanto per rendere l´idea.
E per darci la certezza che resterà senza discussione nei campionissimi della storia sportiva italiana e mondiale.


Fonte: Marco Galice

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